Per la prima volta non vi parlerò di libri, ma di quello che sta dietro alle parole, dietro al racconto ovvero l'autore in tutto quello che potrebbe significare essere, non solo scrittore, ma uomo.
Prima di lasciarvi all'intervista vi parlerò un po' di Andrea.
Prima di lasciarvi all'intervista vi parlerò un po' di Andrea.
Andrea Cantone nato a Biella nel 1977. È laureato in Scienze Geologiche all’Università degli Studi di Torino; oltre a fare il geologo in uno studio di Vercelli, insegna Matematica e Scienze alla Scuola Media. Nel 2015 è diventato papà di Aurora, alla quale è dedicato questo libro. Quando non scrive legge libri di ogni genere. Un Giorno Alla Volta è il suo primo romanzo, ispirato alla vita di sua moglie Rita, di origini lituane.
Intervista a Andrea Cantone e Rita Cantone
1) Come hai spesso detto: tu sei un papà, un marito e un professore di scuola media, quindi cos'è scattato in te per provare a scrivere?
Con la nascita di mia figlia. Appena l’ho vista ho sentito il bisogno di proteggerla e di trasmetterle un po’ di cose che ho imparato in quarant’anni. Ma si sa, molte volte i figli non ascoltano, oppure noi genitori sbagliamo il modo, o il tono, o il momento. Quindi un buon consiglio può andare perso nell’aria, e sarebbe un peccato. Così ho pensato di scriverle quello che pensavo e che avevo capito della vita. Come? Come facevano gli autori latini che avevo studiato al liceo, raccontando una storia per dire altro, con delle metafore e dei messaggi tra le righe. Mi serviva però una storia in cui mia figlia potesse ritrovarsi, così è nata l’idea di usare la vita di sua mamma come metafora di tutte le vite. Da quello che mi dite e mi dicono, l’idea ha funzionato. Ho voluto raccontare questa storia perché pensavo meritasse di essere raccontata. È una storia come tante, ma nel suo piccolo è eccezionale; per le difficoltà, per la fede, per il dolore, per l’amore che la protagonista (mia moglie) ci ha messo per ritagliarsi il suo posto nel mondo degli adulti.
2) Cosa vuol dire per te essere scrittore?
Lo scrittore è quella persona che si alza la mattina, si fa il caffè, legge le notizie sui quotidiani e si mette a scrivere per tutto il giorno. E lo pagano per farlo. Non è il mio caso. Io ho raccontato una storia, mi dicono che l’ho fatto bene, ma da lì ad essere uno scrittore la strada è ancora lunga. E poi a essere sincero, mi piace scrivere, ma mi piace anche il mio lavoro di insegnante. Fino a quando riterrò di avere qualcosa da dare e da comunicare agli adolescenti non smetterò. Lo devo a loro, lo devo alla società. Perché ragazzi “ok” renderanno migliore il nostro mondo, e da quello che si legge sui giornali o si vede in TV ne abbiamo assolutamente bisogno.
3) Nell'introduzione del libro parli di un tuo professore che è rimasto sorpreso di questo tuo modo di scrivere, ma com'eri da studente?
Mi piaceva andare a scuola. Sono sempre stato un bambino curioso e lo sono anche adesso; sono cresciuto, ma continuo a farmi mille domande su tutto, è questo che mi tiene vivo e attento. Adoro sottoporre domande sempre nuove al mio cervello, e se non trovo subito la risposta la vado a cercare. Per fortuna adesso abbiamo internet e il “Santo Google”.
4) I tuoi colleghi di lavoro e amici come hanno reagito alla tua impresa di scrivere un libro? E i tuoi alunni sanno della pubblicazione di questo libro? Se si, come hanno reagito?
Secondo me all’inizio con scetticismo. Non dimentichiamo che sono un Prof. di Matematica e Scienze, non di Lettere. E comunque ho detto che stavo scrivendo un libro solo quando lo avevo praticamente finito. Infatti la frase non è stata: “Ehi sapete sto scrivendo un libro”; ma: “Ehi, ho scritto un libro”. Suona molto diverso. Lo stesso discorso vale per i miei amici, loro l’hanno saputo un po’ prima, ma conoscendomi sapevano che non avrei lasciato il lavoro a metà. E poi il libro l’ho scritto per mia figlia e racconta la storia di mia moglie. Avrei mai potuto lasciare questo progetto a metà e deluderle? Impossibile. I miei alunni? Sono rimasti molto colpiti, hanno acquistato praticamente tutti una copia del mio romanzo e l’hanno trovato molto bello (così mi hanno riferito). Alcuni di loro l’hanno letto più di una volta: la prima per curiosità della storia, la seconda per leggere tra le righe i messaggi lasciati per loro e per tutti i giovani che vorranno conoscere la storia di Marta. Alcuni mi hanno confessato che hanno sottolineato quasi mezzo libro. Per me sapere questa cosa è stata una sensazione bellissima.
5) Scrivendo "Un giorno alla volta" sei diventato uno scrittore, ma la tua professione è insegnare, che tipo di professore sei?
Scrivendo “Un giorno alla volta”, ho raccontato una storia, non sono diventato uno scrittore. Uno scrittore, come ho accennato prima, è uno che si paga da vivere scrivendo, e io sono ben lontano da quel momento. Quindi continuo a fare anche il Prof., un lavoro che mi piace molto e mi dà anche molte soddisfazioni. Mi piace definirmi un professore moderno, un prof. 2.0, ma forse questa domanda dovremmo girarla ai miei alunni e ex alunni. Sono comunque un prof. a cui piace parlare di tutto con i ragazzi, perché non dimentichiamo che prima che insegnanti siamo persone adulte che cercano di trasmettere un messaggio ed aiutare a crescere degli adolescenti. Non basta insegnare il teorema di Pitagora. Quello viene dopo, prima c’è la vita.
6) Ora ti faccio una domanda particolare, cosa ne pensi dei ragazzi di oggi e come vorresti che ascoltassero la tua storia? Cosa vorresti che comprendessero?
Quello che mia moglie ha preteso che ci fosse scritto in prima pagina, e cioè la seconda dedica: “Per tutti quei figli che oggi hanno tutto e pensano di non avere niente”. È il motivo per cui mia moglie ha deciso di mettersi a nudo, di raccontare la sua vita, la sua famiglia, le sue paure e le sue difficoltà. Per far capire ai ragazzi di oggi, che si lamentano per ogni cosa, che cercano alibi in ogni angolo, che la vita è molto più furba di quello che noi crediamo, e che non dobbiamo permetterle di metterci sotto. Se vuoi qualcosa devi lottare, sempre, ogni giorno, o meglio…un giorno alla volta.
7) Hai una bellissima bambina di nome Aurora e questo libro è dedicato a lei. Come pensi, una volta cresciuta, reagirà alla storia della forza di sua mamma e dell'amore del suo papà per averle donato questo libro?
Spero che sarà felice di questo regalo che i suoi genitori le hanno fatto. Quando lei è nata, siamo rinati anche noi, volevamo fare qualcosa di speciale per farglielo capire. Mi sembra che un libro che racconta la storia di sua mamma, metaforizzando certe situazioni per tirare fuori gli insegnamenti che volevo che conoscesse, possa essere un bel regalo. Lo potrà leggere quando vuole, in anni diversi della sua vita ed è questo il bello. Ogni volta ci troverà qualcosa di nuovo, qualche frase che avrà più senso della volta prima che lo aveva letto.
8) Leggendo questo libro si ha la sensazione di sentire la voce della protagonista raccontare la sua vita, eppure ci sei anche tu, Andrea, a scrivere con parole vere e magiche i sentimenti, gli attimi di sconforto e le piccole gioie. Siete uno in due e due in uno, come sei riuscito ad entrare così in sintonia con Rita?
Rita è una persona eccezionale, la dovreste conoscere. È una di quelle persone che ti rende migliore nel momento in cui cominci a frequentarla. Della storia però lei si è limitata a raccontare i fatti, quello che pensa e che dice è frutto della mia immaginazione perché volevo che Aurora ritrovasse nel libro entrambi i suoi genitori. Se sono riuscito a fare centro è solo perché conosco bene mia moglie e ho cercato di pensare come se fossi lei. Secondo lei ho fatto un ottimo lavoro, si commuove sempre leggendo il libro, quindi vuol dire che la protagonista la sente davvero simile a lei.
9) Quando scrivevi cosa pensavi? Hai mai avuto attimi d'indecisione nel scrivere questa storia, nel sentirti in sintonia con la protagonista?
Pensavo di essere lei. Se il capitolo era freddo immaginavo di sentire freddo, se c’era il fuoco di avere caldo, nel capitolo del lago (non voglio fare spoiler) mi mancava il fiato. Insomma Marta è mia moglie, ma Marta sono tanto anche io. Ho scritto il libro in sei mesi, quasi di getto, svegliandomi tutte le mattine alle cinque, sapevo cosa volevo scrivere, e sapevo dove volevo arrivare. Per questo libro di attimi d’indecisione non ne ho avuti; era come se una mano immaginaria guidasse le mie dita sulla tastiera. Difficile da spiegare, non penso che mi ricapiterà una sensazione del genere.
10) Questa domanda invece è diretta più a Rita perché in fin dei conti è la sua storia, quindi, come ti sei sentita nel leggere la tua vita raccontata da Andrea? E prima ancora, cosa hai provato alla sua richiesta di scriverla?
All’inizio quando mi ha proposto di scrivere la mia storia non ero del tutto d’accordo, non mi piaceva tanto l’idea di raccontare i “fatti miei”. Poi però con il passare dei giorni, vedendo come si comportano molti ragazzi di oggi, che si lamentano per tutto, mi sono convinta che forse raccontare quello che avevo vissuto sarebbe potuto essere di esempio per loro. Per far capire quanto sono fortunati in confronto a molti ragazzi in altri paesi. Come mi sono sentita nel leggere la storia? Già ripensare alla mia infanzia, era molto bello in molti casi, ma leggere le parole del libro per me è davvero commovente. Molte cose non le ho ancora superate e ripensare a certi episodi del mio passato mi fa ancora male.
11) Hai concesso ad Andrea la possibilità di scrivere questo romanzo, ammetto che è hai avuto molto coraggio nell'aprire il tuo cuore e la tua vita a molte persone, cosa vorresti lasciar detto ai lettori?
Spero che lo leggano molti ragazzi, ma anche molti genitori; basta lamentarsi quando hai tutto. Ai genitori che credono di avere fatto delle scelte sbagliate, dico che non dovrebbero sfogare le loro frustrazioni sui propri figli. E a quei figli che oggi hanno tutto, senza nemmeno lottare per averlo, dico che dovrebbero capire l’importanza di vivere in una posizione agiata, senza dare nulla per scontato.
12) E tu, Andrea, cosa vorresti lasciar detto ai lettori che aspettano un tuo nuovo libro?
Se vi ho emozionato questa volta, credete in me di nuovo. Io ce la metterò tutta anche nel prossimo libro. Ho già cominciato il secondo romanzo e posso solo dire: che ho già scritto più di un centinaio di pagine, che è una storia completamente diversa da questa, che è in terza persona invece che in prima, che è ambientato in un altro continente e in un’altra epoca e che sarà un libro prettamente maschile. Ma soprattutto, cosa più importante, che è una storia vera anche questa; perché, secondo me le storie vere hanno qualcosa in più. Ci sono là fuori centinaia di storie che meriterebbero di essere raccontate: persone normali che hanno compiuto imprese straordinarie come Marta. Se ne sapete qualcuna mettetevi in contatto con me, chi lo sa, potremmo scriverla insieme.
Bene, siamo giunti alla fine dell'intervista, ringrazio con tutto il cuore Andrea Cantone e Rita Cantone per la loro disponibilità.
Per tutti voi invece vi consiglio di leggere assolutamente "Un giorno alla volta" perché potrebbe cambiarvi il pensiero e il modo di vedere le cose. Se desiderate saperne di più vi lascio il link alla mia recensione: Un giorno alla volta.
Grazie ancora tutti voi e alla prossima.
Cris
Grazie 1000 per le bellissime domande. E stato un piacere rispondere. 😄
RispondiEliminaGrazie a te per la disponibilità!^-^
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